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SpaceX manda in fumo il satellite di Facebook

L'incidente ha completamente distrutto il vettore Falcon 9. Doveva mettere in orbita l'Amos-6, la cui missione è di fornire connessione a banda larga nell'Africa sub-sahariana.

Non tutte le ciambelle riescono col buco, recita il proverbio. Capita pertanto di assistere all'impensabile, ovvero che il Falcon 9 di SpaceX, lo stesso vettore capace di atterrare in verticale senza riportare danni irrimediabili permettendo un notevole risparmio in termini di costi e di tempi, finisca poi per fallire il decollo. Così durante un test dei motori, a Cape Canaveral in Florida, una terribile esplosione cancella il lancio del vettore, senza pilota, programmato per sabato. Elon Musk, CEO di SpaceX, ha twittato sul proprio account che l'esplosione è avvenuta durante “un'operazione di carico del propellente”, in prossimità del serbatoio di ossigeno dello stadio superiore del razzo. Sull'account Twitter di SpaceX è stato poi aggiunto che l'incidente non ha provocato feriti.

Il vettore di SpaceX doveva portare in orbita il satellite Amos-6 di Facebook, il cui compito era di fornire una connessione ad Internet, a banda larga, nelle zone rurali dell'Africa sub-sahariana. La società israeliana responsabile del lancio del satellite ha annunciato il rinvio delle operazioni al prossimo mese di aprile. Sull'incidente, il CEO Mark Zuckerberg ha scritto: “Restiamo impegnati nell'obbiettivo di connettere tutti, e continueremo a lavorare affinché ciascuna persona abbia le opportunità che questo satellite avrebbe fornito”.

La NASA, dal canto suo, ha comunicato che l'esplosione si è verificata nel complesso 40 della base di lancio, in prossimità della la stazione aeronautica, mentre il personale del Kennedy Space Center e quello di emergenza erano in standby. Si tratta della seconda battuta di arresto per SpaceX: nel mese di giugno 2015 un razzo che trasportava derrate per la Stazione Spaziale Internazionale esplose a pochi secondi dal lancio.

La società realizza vettori relativamente poco costosi e privi di equipaggio, impiegati dalla la NASA per i rifornimenti alla ISS e dalle imprese di comunicazione per mettere in orbita satelliti. Secondo il listino pubblicato da SpaceX, il lancio di un razzo Falcon 9 costa circa 62 milioni dollari. In confronto, il costo della rivale United Launch Alliance è di circa 225 milioni di dollari. Per abbassare i costi SpaceX riutilizza i razzi impiegati in lanci precedenti. L'azienda è finora riuscita a far rientrare con successo 5 dei 9 razzi lanciati quest'anno, sia a terra che in mare.

(Credits: puntoinformatico.it)

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Facebook, l'Aquila è in volo

Il social network completa il primo test dei droni alimentati con pannelli solari che dovranno combattere il digital divide in giro per il mondo. Risultati superiori alle aspettative, ma è ancora presto per cantare vittoria.

Facebook ha completato con successo il primo volo di Aquila, il drone equipaggiato con pannelli solari e apparati di trasmissioni laser che nei piani della corporation social statunitense dovrebbe garantire la connettività Internet nei luoghi del pianeta dove non è al momento disponibile.

Un progetto a lungo termine, quello di portare l'accesso alla Rete globale a miliardi di utenti che ne sono sprovvisti per l'arretratezza (o la indisponibilità) delle infrastrutture locali, che affianca iniziative pensate per semplificare e rendere più economica l'installazione delle suddette infrastrutture a “voli pindarici” più ambiziosi come è appunto il drone Aquila.

Il primo volo a bassa altitudine dell'UAV internettaro di Facebook arriva dopo 2 anno di sforzi ingegneristici, ha annunciato Mark Zuckerberg dal suo profilo ufficiale, ed è restato in volo per più di 90 minuti: un tempo tre volte superiore di quello inizialmente pianificato che ha permesso di verificare il comportamento degli apparati di bordo, i modelli aerodinamici, le batterie, i sistemi di controllo, le performance del team di controllo e tutto quanto.

Dopo il primo test sui cieli dell'Arizona, per i prossimi voli sperimentali Aquila verrà fatto salire a un'altitudine superiore fino ad arrivare al target del progetto di oltre 18.000 metri dal livello del mare. Un obiettivo che verrà raggiunto per gradi, e che necessiterà di un ulteriore sviluppo tecnologico per arrivare finalmente alla concretizzazione del sogno originario degli Internet-droni in volo in giro per il mondo.

Idealmente, una futura flotta di UAV Aquila dovrà infatti essere in grado di volare a un'altitudine compresa tra 18.000 e 28.000 metri - cioè al di sopra del traffico aereo commerciale e delle nuvole - di usare una tecnologia di trasmissione laser per comunicare con la stazione di terra e la tecnologia e-band per dispensare connettività Internet da 10 gigabit (10 volte più veloce del record precedente) entro un raggio di 16 chilometri. E tutto questo dovrà farlo restando in volo autonomo per 90 giorni.

(Credits: puntoinformatico.it)

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Anche le zone più remote della terra potranno connettersi al web grazie a OpenCellular di Facebook

Nel mondo esistono aree in cui l’accesso alla rete non è possibile a causa della mancanza di infrastrutture adeguate. Da tempo Facebook lavora per “connettere tutto il mondo”, implementando soluzioni – talvolta anche bizzarre – come i droni solari utilizzati come ripetitori al fine di raggiungere le zone rurali dei Paesi in via di sviluppo (India soprattutto).

OpenCellular è la nuova e innovativa soluzione realizzata da Facebook, un hardware open source risultato dell’acquisizione della società Endaga lo scorso mese di ottobre il cui fine consiste proprio nel permettere agli abitanti delle aree remote di collegarsi alla rete in modalità wireless.

“Una delle ragioni per cui l’espansione delle reti cellulari ha subìto una stagnazione è che l’ecosistema è forzato”, ha affermato Jashif Ali, ingegnere presso Facebook. “ La infrastruttura tradizionale cellulare può essere molto costosa, rendendo difficile per gli operatori installarla dappertutto e per organizzazioni piccole o per singoli individui per risolvere le sfide di connettività iper-locale. È spesso non affrontabile per loro cercare di estendere l’accesso alla rete sia in comunità rurali che sviluppate”.

OpenCellular è costituito da due sottosistemi modulari, il primo per scopi generali e per il base-band computing, l’altro per la gestione del sistema radio. Quest’ultimo può essere focalizzato su un sistema radio basato su un software o, in alternativa, su una soluzione SoC. La modularità non consente solo di creare un accesso wireless alla rete, ma anche di realizzare una rete locale.

Si tratta di un progetto che non ha un impatto ambientale significativo ed ha caratteristiche di resistenza notevoli dovendo spesso subìre le intemperie e le alte (o basse) temperature all’aperto.

Vista la specificità della soluzione – open source nel design dell’hardware, nel firmware e nel software di controllo – tutti i carrier e i produttori di dispositivi mobili potranno realizzare versioni personalizzate.

Facebook è intenzionata a diffondere OpenCellular il più possibile, iniziando da Telecom Infra Project, progetto voluto dalla stessa azienda per la ricerca delle nuove frontiere della telecomunicazione.

(Credits: hdblog.it)

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Surround 360, la videocamera di Facebook per la realtà virtuale

Gira video immersivi in 8K: il suo design open source sarà presto disponibile su Github.

San Francisco – Le piattaforme dove caricare i video a 360 gradi ad oggi sono ancora solo due: Facebook e YouTube. Già un anno fa Google aveva annunciato Jump, un supporto circolare per assemblare 16 GoPro e ralizzare video immersivi; oggi Facebook ha mostrato Surround 360, una videocamera a forma di disco volante realizzata con 14 lenti grandangolari da 77 gradi ognuna e due fisheye in alto e in basso da 185 gradi.

Facebook è solo l’ultima delle grandi aziende ad unirsi alla festa: l’offerta di videocamere in grado di realizzare video 3D stereoscopici va da piccole videocamere come Ricoh Theta, 360Cam, Kodak Pixpro e Samsung Gear 360 a grandi apparecchi professionali come la Nokia OZO, una palla da circa 60mila dollari.

“Abbiamo deciso di creare la videocamera 360 perfetta”, ha detto durante la presentazione Chris Cox, VP di Facebook responsabile della Timeline: Surround 360 può creare panorami da 41 megapixel e video sferici in qualità 8K a 60 frame al secondo, riuscendo a salvare sulla memoria locale fino a due ore di filmati.

Ha un valore di circa 30mila dollari ma il suo design è in open source, nel tentativo di stimolare il più possibile la creazione di video a 360 gradi e proseguire la trasformazione della timeline di Facebook che aveva presentato già un anno fa: dagli aggiornamenti testuali alle foto ai video e, presto, alla realtà virtuale.

Il progetto della Surround 360 camera sarà reso disponibile da Facebook su Github la prossima estate. Insieme alla videocamera, naturalmente, Facebook ha realizzato anche il software per assemblare le immagini di ogni singola lente e dar vita ai video immersivi. Per rivederli, la scelta di visori inizia ad essere piuttosto vasta: con Oculus VR e in collaborazione con Samsung proprio Facebook ha realizzato Gear VR, visore da appena 99 dollari che funziona in abbinamento a uno smartphone Galaxy S6 o S7. Ci sono poi i meno costosi Google Cardboard e i più complessi Oculus Rift e HTC Vive.

Da qui a 10 anni, invece, secondo Zuckerberg “i visori per realtà virtuale e realtà aumentata assomiglieranno sempre più a normali occhiali” e non avrai più bisogno di guardare un telefono o un tv per vedere un’immagine: basterà schioccare le dita per farla apparire davanti ai propri occhi. Le videocamere, poi, saranno presto in grado di trasmettere i video a 360 gradi anche in streaming in diretta. già oggi solo su Gear VR sono stati guardate oltre 2 milioni di ore di video immersivi. Ma la realtà virtuale non è solo video: è anche giochi.

“La realtà virtuale ti farà sembrare di essere davvero in presenza di un’altra persona”, ha detto Zuckerberg mostrando la demo di Toy Box, un gioco per Oculus in cui si può tirare all’avversario qualsiasi cosa sia virtualmente presente nella stanza.

(Credits: wired.it)

Facebook, droni Aquila

I droni alimentati da energia solare per combattere il digital divide sono pronti alla sperimentazione, insieme al sistema di connettività da 10Gbps mediato dai laser

Facebook ha completato il primo prototipo di UAV a energia solare per portare connessione Internet ad alta velocità alle zone digital divise: è pronto per il volo in cui lo accompagneranno una serie di droni in scala 1/10 a scopo di testing.

Gli UAV del social network, chiamati in codice “Aquila”, dal mito greco dell'aquila che trasportata i fulmini di Giove, sono alimentati ad energia solare e per farlo contano su un'apertura alare di 140 piedi, pari a quella di un Boeing 737, tappezzata di celle solari e collegamento a poche batterie: il tutto in un dispositivo in fibra di carbonio a forma di “V”, che pesa poco più di 455 chilogrammi. Come spiega il responsabile della sua progettazione, l'ingegnere Jay Parikh, “se vi aspettate uno di quei piccoli quadricotteri, non è affatto quello che abbiamo costruito”, anche perché Aquila è stato studiato per sfruttare l'energia solare, per durare a lungo e poter volare più in alto dello spazio aereo commerciale e degli elementi atmosferici che possono creare disagi: per questo l'apertura alare da gigante dei cieli.

Facebook ha anche specificato che non vuole agire diventando un vero e proprio Internet Service Provider, ma vuole invece collaborare con i carrier esistenti in modo tale che questi abbiano accesso ai suoi droni e tramite di essi forniscano la connessione a alla popolazione che risiede in aree remote non raggiunte dalle infrastrutture esistenti.

(Credits: puntoinformatico)

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